Nella primavera del 1478 un’invasione di locuste quale non si era mai vista fu ritenuta da tutti presagio di gravi calamità, foriera di morte, e a nulla parevano valere le misure prese per contrastarla.
Ben presto i corpi, a milioni, delle cavallette presero ad ammorbare l’aria già afosa e irrespirabile nonostante si fosse ancora in primavera. Poi molti cominciarono a morire per il sopraggiungere di una infezione tifoide che si estese rapidamente facendo nascere i primi timori. Ben presto il male dilagò estendendosi a tutta la bassa bresciana, fino a raggiungere il limite delle montagne e, sotto l’incalzare della paura, i malati furono abbandonati a se stessi, con il conforto soltanto dei frati, specialmente domenicani e carmelitani, che prestavano la loro opera presso il lazzaretto. L’epidemia continuò per tutta l’estate e diminuendo di intensità solo all’approssimarsi dell’inverno, si spense definitivam,ente nella primavera del 1479 dopo aver causato circa 30.000 decessi su una popolazione stimata in circa 250.000 abitanti. A Brescia una processione solenne di ringraziamento suggellò le fine della pestilenza e gli abitanti della città posero la prima pietra della chiesa di San Rocco, patrono degli infermi.
Era infatti San Rocco, in quel secolo, a cui gli uomini impotenti volgevano le invocazioni più accorate e anche nelle campagne si era guardato a lui come all’unico protettore e àncora di salvezza; per cui i passiranesi avevano fatto voto di erigergli un santuario che al finire della peste, nello stesso anno 1479, venne costruito in un luogo isolato circondato da acquitrini e brughiere, scelto a mezza strada fra i due centri abitati, ove si riunivano le Vicinie congiunte, ampliando, sembra, una precedente cappella dedicata a San Fermo.
A risiedervi ed officiare le funzioni sacre furono chiamati i frati dell’ordine dei Servi di Maria .

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