ISTRUZIONI IN MATERIA AMMINISTRATIVA
CAPITOLO OTTAVO
L’ENTE PARROCCHIA
La condizione giuridica della parrocchia
97. Il can. 515 § 1 definisce la parrocchia come <<una determinata comunità di fedeli che viene costituita
stabilmente nell'ambito di una Chiesa particolare, e la cui cura pastorale è affidata, sotto l‘autorità del Vescovo diocesano, ad un parroco quale suo proprio pastore». Il § 3 dello stesso canone afferma poi che <<la parrocchia eretta legittimamente gode di personalità giuridica per il diritto stesso».
98. L‘Accordo 18 febbraio 1984 e la legge n. 222/ 1985, conformandosi alle disposizioni del codice,
stabiliscono la possibilità per ogni parrocchia di ottenere il riconoscimento civile. In precedenza la personalità giuridica civile era riconosciuta al “beneficio parrocchiale" e, in alcuni casi, all'ente “chiesa parrocchiale".
Le parrocchie canonicamente esistenti al 30 settembre 1986, elencate, con la loro denominazione e sede, in
un provvedimento del Vescovo diocesano, hanno ottenuto la qualifica di ente ecclesiastico civilmente
riconosciuto con la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del decreto del Ministro dell’interno.
Le parrocchie erette successivamente possono ottenere il riconoscimento civile alle condizioni previste dagli artt. 1-3 della legge n. 222/1985 e dagli artt. 2, 4 e 5 del regolamento di esecuzione (dPR n. 33/1987, modificato con dPR n. 337/1999).
99. Ogni parrocchia civilmente riconosciuta deve essere iscritta nel registro delle persone giuridiche tenuto
dalla Prefettura-Ufficio territoriale del Governo della provincia ove ha sede (cfr artt. 5-6 legge n. 222/1985 e art. 15 dPR n. 361/2000).
Dal momento che la parrocchia viene introdotta nell’ordinamento italiano con la sua originaria struttura
canonica, non le può essere imposto di dotarsi di uno statuto avente i requisiti previsti per le persone giuridiche private. Il deposito nel registro delle persone giuridiche di un’attestazione del Vescovo diocesano dalla quale risultino le norme di funzionamento della parrocchia e i poteri del legale rappresentante (cfr allegato D) è finalizzato a garantirne la conoscibilità ai terzi e la possibilità di invocare invalidità o l’inefficacia dei negozi giuridici posti in contrasto con essi.
Devono essere parimenti iscritti nel registro
a) i mutamenti sostanziali nel modo di esistenza della parrocchia (per esempio. la modifica della
denominazione o della sede), disposti con decreto canonico e riconosciuti agli effetti civili, ai sensi <dell‘art. 19 della legge n. 222/1985. Il trasferimento di sede nell’ambito dello stesso comune o la modifica dei confini del territorio non costituiscono mutamento sostanziale e possono essere iscritti direttamente nel registro;
b) la variazione del legale rappresentante. In base agli accordi fra le parti (cfr circolare della Direzione centrale degli Affari dei Culti del Ministero dell'interno, 24 dicembre 2002, n. 17), la notificazione della nomina del parroco alla Prefettura-Ufficio territoriale del Governo e l’iscrizione del nominativo del medesimo al registro delle persone giuridiche vengono effettuate con un unico atto.
100. In quanto ente ecclesiastico civilmente riconosciuto, la parrocchia può svolgere direttamente non solo le attività di religione e di culto (cfr art. 16, lett. a, legge n. 222/1985), ma anche attività diverse (cfr artt. 15 e 16, lett. b, legge n. 222/1985). Queste ultime restano però soggette, nel rispetto della struttura e della finalità dell’ente ecclesiastico, alle leggi dello Stato concernenti tali attività e al regime tributario previsto per le medesime (cfr art. 7, comma 3, dell’Accordo 18 febbraio 1984). Per svolgere tali attività non è pertanto necessario far sorgere nell‘ambito parrocchiale altri soggetti giuridici (associazioni, cooperative, ecc.). E anzi importante mantenere in questo campo un atteggiamento di prudenza, per evitare il rischio che le iniziative e le stesse strutture parrocchiali vengano sottratte alla soggettività della parrocchia, per essere gestite da enti con propria autonomia e senza un esplicito collegamento ecclesiale. E’ noto infatti che l’attività di un'associazione civilmente costituita, anche se agisce in ambito parrocchiale, dipende giuridicamente non dal parroco o dal Vescovo, ma dalla libera volontà dei soci.
In ogni case è necessario che i rapporti tra la parrocchia e altri enti eventualmente operanti nel suo ambito
siano chiaramente definiti sia nel contesto della programmazione pastorale sia sotto il profilo giuridico
(utilizzazione degli immobili, responsabilità civili, amministrative e penali, obblighi fiscali, ecc.).
101. La parrocchia, una volta legittimamente eretta e riconosciuta civilmente, può essere soppressa soltanto con decreto del Vescovo diocesano, sentito il consiglio presbiterale (cfr can. 515 § 2). Il Vescovo deve contestualmente provvedere anche alla devoluzione dei beni. La rappresentanza legale della parrocchia 2 la responsabilità amministrativa del parroco
102. In quanto “pastore proprio" (cfr cann. 515 § 1, 519) di una determinata comunità di fedeli, il parroco ne e responsabile non solo sotto il profilo sacramentale, liturgico, catechetico e caritativo, ma anche sotto il profilo amministrativo: ne è, infatti, il legale rappresentante (cfr can. 532) e l’amministratore unico (cfr can. 1279 § 1) nell’ordinamento canonico e in quello statale.
La responsabilità amministrativa del parroco è esercitata sotto l’autorità del Vescovo diocesano, costituendo il legame con il Vescovo il segno dell‘inserimento della comunità parrocchiale nella Chiesa particolare. Si tratta di una responsabilità che esige di essere esercitata <<con la collaborazione di altri presbiteri o diaconi e con l’apporto dei fedeli laici» (can. 519). D’altro canto, è una responsabilità personale, alla quale il parroco non può rinunciare (cfr cann. 537 e 1289) e che non può demandare ad altri limitandosi, ad esempio, a ratificare le decisioni prese dal consiglio parrocchiale per gli affari economici. Anche l’ordinario diocesano non può sostituirsi alla responsabilità diretta e personale del parroco, se non in caso di negligenza (cfr can. 1279 § 1 e n.25). Detta responsabilità ha carattere globale, in quanto abbraccia tutte le attività di cui la parrocchia è titolare, comprese, ad esempio, l’oratorio e la scuola materna In quanto amministratore della parrocchia, il parroco è tenuto, come espressamente richiamato dal can. 532, a quanto prescritto dai cann. 1281-1288. Tra le disposizioni di questi canoni sono da tenere in particolare considerazione l’obbligo di garantire con giuramento davanti all’ordinario prima di incominciare l’incarico, di <<svolgere onestamente e fedelmente le funzioni amministrative» (can. 1283, 1°), e la necessita di adempiere il proprio compilo <<in nome della Chiesa, a norma del diritto» (can. 1282) e <<con la diligenza di un buon padre di famiglia» (can, 1284 § 1).
103.Anche se di solito ogni parrocchia è affidata a un sacerdote come proprio parroco, la normativa canonica prevede anche altre possibilità di affidamento.
Una prima possibilità è rappresentata dall’affidamento di più parrocchie a uno stesso sacerdote in qualità di
parroco: questi rappresenterà ciascuna di esse singolarmente e dovrà amministrarle in modo distinto l'una
dall’altra (cfr can. 515§ 1).
Un secondo caso è quello dell‘affidamento in solidum di una o più parrocchie a più sacerdoti, tutti
equiparati al parroco. ma di cui uno è il “moderatore”, con il compito di dirigere l’azione pastorale comune e di rispondere di essa davanti al Vescovo (cfr cann. 517 § 1, 542-544). In questo caso, come stabilisce il can. 543 § 2, 2°, <<solo il moderatore rappresenta nei negozi giuridici la parrocchia o le parrocchie affidate al gruppo». Di conseguenza, solo il suo nominativo deve essere iscritto nel registro delle persone giuridiche come legale rappresentante della parrocchia.
Un’altra possibilità è l’affidamento di una partecipazione nell’esercizio della cura pastorale della
parrocchia, a motivo della scarsità di sacerdoti, a un diacono o a un fedele laico o a una comunità di persone. In queste circostanze, il Vescovo deve comunque costituire un sacerdote <<il quale, con la potestà e le facoltà di parroco, sia il moderatore della cura pastorale» (can. 517 § 2). A questo sacerdote spetta, quindi, l’amministrazione e la legale rappresentanza della parrocchia.
Vi è poi la possibilità dell‘affidamento di una parrocchia a un istituto religioso clericale o a una società
clericale di vita apostolica. In questo caso non può essere parroco l’istituto o la società (<<Il parroco non sia una persona giuridica»: can. 520 § 1), ma un sacerdote dell’istituto o della società deve essere nominato parroco o moderatore, nel caso in cui si utilizzi la modalità dell'affidamento in solido.
Nella convenzione tra Vescovo diocesano e superiore competente, che deve essere necessariamente
stipulata in caso di affidamento di una parrocchia a un istituto religioso o a una società di vita apostolica (cfr can. 520 § 2), si devono precisare non solo gli aspetti pastorali, ma anche quelli amministrativi ed economici, distinguendo in particolare quando, in materia di immobili, offerte, spese e tasse diocesane, è di pertinenza della casa religiosa e quanto della parrocchia, e quindi del parroco coadiuvato dal consiglio parrocchiale per gli affari economici.
Si rammenti, infine, che, in forza dell’art. 3, comma 3, dell’Accordo 18 febbraio 1984, salvo che per la
diocesi di Roma e per quelle suburbicarie, possono essere nominati parroci i soli sacerdoti titolari della
cittadinanza italiana.
104. In caso di vacanza della parrocchia o di impedimento del parroco, deve essere costituito da parte del
Vescovo diocesano quale amministratore parrocchiale un sacerdote tenuto agli stessi doveri e diritti del parroco, salvo precisazioni da parte del Vescovo (cfr cann. 539-540). A lui spelta, quindi, la legale rappresentanza e la responsabilità amministrativa della parrocchia.
L’amministratore parrocchiale è, per sua natura, una figura provvisoria: tuttavia è opportuno iscriverne il
nominativo nel registro delle persone giuridiche anche nel caso in cui il parroco impedito resti in carica.
Se una persona diversa dal legale rappresentante interviene a rappresentare la parrocchia per un determinato alto giuridico, è necessario che sia munita di un mandato di procura valido agli effetti civili, rilasciato dal legale rappresentante. Il consiglio parrocchiale per gli affari economici
105. In ogni parrocchia deve essere costituito il consiglio parrocchiale per gli affari economici (CPAE), retro,
oltre che dal diritto universale, dalle norme date dal Vescovo diocesano. I fedeli che ne fanno parte, scelti
secondo le medesime norme, hanno il compilo di aiutare il parroco nell’amministrazione dei beni della
parrocchia (cfr can. 537).
Le norme date dal Vescovo possono utilmente consistere in un regolamento del consiglio parrocchiale per
gli affari economici, da adottarsi in tutte le pannocchie. In esso si devono prevedere disposizioni circa la natura, le finalità, la composizione e i compiti del CPAE.
Il CPAE si caratterizza, oltre che per la competenza in materia giuridico-amministrativa, anche per
l’ecclesialità dei suoi membri. Quanti ne fanno pane devono essere scelti in base alla competenza, in analogia con quanto stabilito per il consiglio diocesano per gli affari economici (cfr can. 492 § 1 e n. 26): essi però sono anzitutto christisfideles, chiamati a svolgere un servizio non solo in base a criteri tecnici ed economici, ma anche in riferimento a principi di ordine specificamente ecclesiale, primo fra tutti quello dei fini propri dei beni temporali della Chiesa (cfr can. 1254 § 2). Nelle determinazioni concernenti taluni strumenti e iniziative per la promozione della Chiesa in Italia, 27 marzo 1999, la CEI ha stabilito che faccia parte del CPAE l’incaricato parrocchiale per la promozione del sostegno economico della Chiesa.
La funzione consultiva del CPAE non ne diminuisce l’importanza, essendo chiamati i consiglieri non
solamente a esprimere un parere tecnico, ma anche a condividere la responsabilità dell’intera vita della
parrocchia mediante una corretta e proficua gestione dei suoi beni.
106. In questo orizzonte, il CPAE deve avere un rapporto costruttivo sia con il consiglio pastorale parrocchiale sia con l’intera comunità parrocchiale,
In particolare, il CPAE non può prescindere, soprattutto nelle scelte economiche di maggiore importanza e
di carattere generale (quali la decisione di costruire nuove strutture parrocchiali o di intraprendere una nuova attività), dalle indicazioni offerte dal consiglio pastorale parrocchiale; quest’ultimo, a sua volta, non può ignorare i problemi economici della parrocchia, ma deve tenerne conto e farsene carico, soprattutto attraverso un’opera di sensibilizzazione e di responsabilizzazione dell’intera comunità. A servizio di essa opera il CPAE e a essa deve rendere conto, in particolare per ciò che concerne l’utilizzazione delle offerte, secondo quanto stabilito dalla normativa diocesana (cfr can. 1287 § 2).
Il can. 537, disponendo che nel CPAE i fedeli <<aiutino il parroco nell’amministrazione dei beni della
parrocchia, fermo restando il disposto del can. 532», stabilisce la personale responsabilità del parroco in quanto legale rappresentante e amministratore. Ciò significa che il CPAE non può sostituirsi al parroco o essere considerate un vero e proprio consiglio di amministrazione della parrocchia. La sua funzione è, invece, di collaborazione col parroco, amministratore della parrocchia. Questi, tuttavia, non dovrebbe discostarsi dal parere del CPAE se non per gravi motivi, Il Vescovo può chiedere di conoscere, come condizione previa al rilascio delle autorizzazioni canoniche per gli atti di amministrazione straordinaria relativi alla parrocchia, la valutazione formulata in merito dal CPAE. L’amministrazione della parrocchia: la contabilità parrocchiale
107. In quanto persona giuridica pubblica, la parrocchia deve essere amministrata secondo le disposizioni dei cann. 1281-1288 e, in generale, in conformità con la normativa universale e particolare concernente i beni temporali della Chiesa.
Il can. 531 dispone che tutte le offerte ricevute dai fedeli, in particolare in occasione della celebrazione di
sacramenti e di sacramentali (eccettuata l’offerta per la S. Messa, che spetta al sacerdote celebrante o, in caso di Messa binata o trinata, va destinata secondo quanto stabilito dall‘ordinario: cfr cann. 945 e 951) devono essere versate nella cassa parrocchiale. All’unica cassa parrocchiale è necessario che confluiscano anche tutti i proventi destinati alla parrocchia, compresi quelli patrimoniali, ove esistenti, e quelli frutto di specifiche attività. Queste ultime possono mantenere una distinta contabilità, pur restando nell’ambito della gestione generale della parrocchia.
108. Le entrate della cassa parrocchiale devono essere indicate tutte singolarmente e distinte in diverse voci secondo la loro natura, come esemplificato qui di seguito:
1. Offerte richieste dalla parrocchia per tutte le necessità della comunità.
2. Offerte in occasione dell’amministrazione dei sacramenti e dei sacramentali.
3. Offerte finalizzate in giornate prescritte.
4.Offerte, rendite di culto e legati per la celebrazione e applicazione di Ss. Messe
5. Offerte occasionali per le necessità della Chiesa o per finalità specifiche.
6.Donazioni, eredita e legati.
7.Offerte deducibili
8. Redditi fondiari, di capitale e diversi.
9. Corrispettivi di attività commerciali e sponsorizzazioni.
10. Contributi da enti per attività istituzionali.
l l. Contributi da enti per attività commerciali.
l2. Rimborsi spese,
lO9. Le uscire della cassa parrocchiale devono essere indicate tutte singolarmente e distinte in diverse voci
secondo la loro natura, come esemplificato qui di seguito:
I. Remunerazione dei sacerdoti.
2. Manutenzione degli immobili.
3. Assicurazioni: per incendio (cfr can. 1284), e per responsabilità civile della parrocchia, ai sensi dell’art.
2043 cod. civ.
4. Uscite per attività istituzionali.
5. Contributi alla diocesi.
6. Offerte destinate ad altre finalità.
7. Spese relative a eventuali attività commerciali.
110.Qualsiasi somma di denaro di pertinenza della parrocchia depositata sotto qualunque forma in un istituto bancario o postale o investita (ad esempio, in titoli di Stato), deve essere intestata in maniera esclusiva alla parrocchia, secondo la corretta denominazione, con la firma di traenza attribuita al solo legale rappresentante,
111. I libri obbligatori previsti per l’amministrazione economica della parrocchia sono:
- il registro delle Ss. Messe (cfr can. 958 § l);
- il registro dei legati (cfr delibera CEI n. 6; cfr anche can. 1307);
- i libri delle entrate e delle uscite (cfr can. 1284 § 2, 7°);
- i registri dell’amministrazione dei beni (cfr delibera CEI n. 6).
Essi vanno custoditi, con tutti gli altri documenti concernenti la parrocchia, nell’archivio parrocchiale (cfr
can. 535 § 4), e non possono essere sostituiti da supporti magnetici, Devono essere esibiti al Vescovo diocesano o ai convisitatori in occasione della visita pastorale, e al vicario foraneo durante la vista foraniale e, comunque, a ogni sua legittima richiesta (cfr can. 555 § 1, 3°).
112. In ciascuna parrocchia, oltre ai libri e ai registri obbligatori stabiliti dalla normativa canonica, devono essere presenti anche i libri contabili, richiesti dalla normativa fiscale dello Stato per le eventuali attività considerate a carattere commerciale. Essi possono essere conservati anche presso professionisti, secondo la normativa vigente, i documenti comprovanti pagamenti e, in genere, adempimenti eseguiti dalla parrocchia, devono essere conservati presso l’archivio parrocchiale almeno fino al termine della prescrizione dei diritti corrispondenti.
Inventario dei beni e dei beni culturali
113. Nell’archivio della parrocchia deve anche essere custodito l’inventario dei beni compilato all’inizio
dell‘incarico del parroco, secondo quanto dispone il can. 1283, 2°: <<Sia accuratamente redatto un dettagliato inventario [...] dei beni immobili, dei beni mobili sia preziosi sia comunque riguardanti i beni culturali, e delle altre case, con la loro descrizione e la stima, e sia rivisto dopo la redazione». Copia dell’inventario va conservata anche nell’archivio della curia e le due copie vanno aggiornate annotando le eventuali modifiche del patrimonio (cfr can. I283, 3°).
E’ necessario che l‘inventario sia particolarmente accurato e sia corredato anche di fotografie, quando si
tratta di beni di valore artistico o storico, allo scopo di favorirne il recupero in caso di furto o di smarrimento.
Detti beni sono soggetti a particolare tutela da parte della normativa canonica e civile: in caso di restauro,
prestito, alienazione, occorre ottenere preventivamente le autorizzazioni prescritte.
Il parroco e il CPAE devono conoscere con precisione lo stato giuridico degli immobili di proprietà della
parrocchia, avendo a disposizione per ciascuno di essi l’esatta e aggiornata identificazione catastale, sulla base di certificazione rilisciata dall’Agenzia del Territorio competente; la provenienza, attestata da copia autentica dei relativi atti pubblici, se esistenti, e dalle relative note di trascrizione; la destinazione, soprattutto se stabilita come condizione dal donante o dal testatore; l’effettiva utilizzazione, con gli eventuali contratti di cessione a terzi; una scheda sullo stato di conservazione, con la previsione di eventuali interventi. E consigliabile che le copie autentiche dei documenti originali siano depositate nell’archivi0 della curia (cfr can. I284 § 2, 9°), I documenti costitutivi delle pie fondazioni devono essere conservati nell’archivio parrocchiale, oltre che in quello della curia (cfr can. 1306 § 2). Rendiconto amministrativo
114. La parrocchia. come ogni persona giuridica pubblica soggetta al Vescovo diocesano, è tenuta a presentare ogni anno il rendiconto amministrativo all'ordinario del luogo, che deve farlo esaminare dal consiglio diocesano per gli affari economici (cfr cann. 1284 § 2, 8° e 1287 § 1). E’ conveniente che ogni diocesi faciliti l’adempimento di quest’obbligo predisponendo uno schema di rendiconto, da utilizzarsi in tutte le parrocchie.
La redazione accurata e fedele del rendiconto annuale e la prova più evidente di un'amministrazione
parrocchiale corretta e ordinata. Il rendiconto. tra l‘altro, permette all’ordinario di svolgere il proprio compito di vigilanza (cfr can. 1276 § 1) nei confronti dell‘amministrazione della parrocchia e di intervenire opportunamente in suo favore.
La normativa diocesana può stabilire anche l’obbligo per ogni parrocchia di compilare lo stato di previsione
delle entrate e delle uscite, dando indicazioni per la sua redazione (cfr can. 1284 § 3). Gestione degli immobili parrocchiali
115. Il parroco ha l’obbligo di conservare gli immobili di proprietà della parrocchia con la diligenza del buon
padre di famiglia. A tale riguardo è fondamentale programmare ed eseguire una corretta manutenzione ordinaria di tutti gli immobili (tinteggiatura, verniciatura, sostituzione delle parti usurate, controlli periodici. ecc.). La manutenzione ordinaria trascurata comporta, con il trascorrere del tempo, la necessità di intervenire in modo straordinario e spesso molto oneroso sugli immobili.
Spetta al CPAE approntare, in rapporto anche alle disponibilità della parrocchia, un programma efficace di
manutenzione ordinaria.
Gli edifici di proprietà della parrocchia, secondo la loro tipologia, devono essere costruiti o adeguati alle
norme di legge in materia igienico—sanitaria. di prevenzione degli incendi e di sicurezza degli impianti, ottenendo le prescritte dichiarazioni di conformità, rilasciate da imprese a ciò abilitate.
116. Gli immobili e gli spazi destinati a sede della parrocchia hanno come primaria e naturale destinazione d’uso quelle attività pastorali che realizzano le finalità istituzionali di culto e di religione, specifiche dell’ente
ecclesiastico.
Come norma generale, la parrocchia deve avere il possesso esclusivo dell‘intero complesso parrocchiale, al
fine di svolgere in esso le attività istituzionali dell’ente. Il parroco deve poter disporre dei locali, comprese le aree destinate ad attività sportiva o ricreativa. Ciò comporta, tra l’altro, il suo diritto-dovere, in quanto
amministratore e rappresentante legale della parrocchia, di gestire direttamente tutti i locali e gli impianti,
detenendone le chiavi.
La parrocchia può, se lo ritiene pastoralmente utile, a determinate condizioni e tenendo conto di quanto
sopra affermato, consentire che associazioni sportive, scuole, circoli, gruppi musicali o altri soggetti, utilizzino i propri impianti. Tale utilizzazione deve essere formalizzata mediante una convenzione che indichi le ore e i giorni della settimana di utilizzo per un periodo definito e precisi le responsabilità civili e fiscali delle parti, fermo restando che la parrocchia conserva la detenzione dei locali a titolo di esercizio delle attività pastorali.
1 17. Nel caso in cui la parrocchia, per l’uso temporaneo dei locali, intenda ricevere un corrispettivo che eccede il mero rimborso delle spese correnti e dei consumi, dovrà ottenere l’autorizzazione previa dell‘ordinario diocesano. Dovrà poi scegliere tra un contratto di locazione e un contratto di prestazione di servizi, non potendosi applicare alla fattispecie un contratto di uso gratuito. Dovrà infine dichiarare ai fini fiscali tra i propri redditi il corrispettivo ricevuto.
E’ sconsigliabile un’utilizzazione mista occasionale degli immobili parrocchiali, ovvero la concessione di
locali di culto e pastorale a terzi dietro corrispettivo per singole iniziative (ad esempio, per feste di compleanno, assemblee condominiali o comitati civici di quartiere). Tale forma infatti mette a rischio la validità della copertura assicurativa per attività non direttamente connesse con i fini istituzionali della parrocchia, attività per le quali i locali in questione sono destinati.
Si tenga presente che nell’ordinamento italiano il contratto non richiede la forma scritta a pena di nullità, se
non in casi tassativi (cfr art. 1350 cod. civ.), quali, ad esempio, l‘alienazione, la costituzione di diritti reali, le locazioni ultranovennali. le locazioni per uso abitativo. Di conseguenza, qualunque accordo verbale tra due
soggetti (ad esempio, per un comodato) produce l’effetto di vincolarli contrattualmente, anche se in tali casi l’assenza della prescritta autorizzazione canonica può costituire causa di invalidità, ai sensi e nei limiti dell’art. 18 della legge n. 222/1985. Peraltro, L’esperienza insegna che la semplice richiesta da parte del parroco di riavere la disponibilità di locali dati in uso a terzi può dare luogo a contenziosi a detrimento della parrocchia stessa.
L’attuale prassi giudiziaria italiana, inoltre, rende difficile il recupero in tempi brevi di un locale goduto da altri a qualsiasi titolo.
Prima di ipotizzare di destinare immobili e strutture parrocchiali per attività produttive di reddito o
comunque considerate commerciali ai fini fiscali, è necessario compiere un’attenta valutazione circa l’uso
pastorale — attuale o prevedibile — di detti beni, dal moment che esso è sempre prevalente rispetto a ogni
considerazione di Convenienza economica. Le finalità, pur apprezzabili, che vengono spesso indicate per una diversa utilizzazione dei beni non devono far dimenticare il rischio di compiere inavvertitamente scelte
improprie e difficilmente reversibili.
118. Le case canoniche non cessano di essere pertinenze dell’edificio di culto per il semplice fatto che il parroco abiti altrove. Ciò che conta, infatti, è che la canonica sia comunque a disposizione della parrocchia. ossia a servizio del parroco (come sede, ad esempio, dell‘ufficio parrocchiale) o dei fedeli (venendo utilizzata, anche solo saltuariamente, per iniziative catechistiche e pastorali). La casa canonica perderebbe, invece, la natura di pertinenza, qualora venisse meno il riferimento all‘edificio di cullo, perché concessa in locazione a terzi o destinata ad attività considerate commerciali dalla legge.
Per quanto concerne le agevolazioni fiscali, giova ricordare che i locali e gli spazi parrocchiali destinati ad
attività pastorali: di religione o di culto, o comunque posti a servizio dell’edificio di culto, sono considerati
pertinenze dell’edificio di culto stesso e ne seguono la naturale e il regime giuridico, godendo delle agevolazioni riconosciute dalla normativa fiscale a condizione che non siano locati a terzi o utilizzati per attività commerciali. Obblighi civili e fiscali
119. La parrocchia ha determinati obblighi in riferimento al]‘ordinamento statale, in particolare negli ambiti
civile e fiscale, sia quando svolge soltanto attività istituzionali sia quando gestisce attività commerciali. Essa è tenuta a osservare la normativa fiscale e civile, soprattutto in materia assicurativa (cfr can. 1284 § 2, 1°) e di diritto del lavoro (cfr can. 1286). Si veda in proposito, nel capitolo quinto, la trattazione dedicata alla “condizione degli enti ecclesiastici nell’ordinamento tributario italiano”.